Si aprirà venerdì 16 aprile e si svilupperà con 22 confronti, tutti online, e 108 ospiti, tra sabato 17 aprile e domenica 18 aprile.
Tutte e tutti noi abbiamo cercato in questi mesi di ragionare sui temi messi in luce dalla pandemia e per cercare di creare sedi di riflessione comune e di confronto e incontro tra le tante e i tanti che hanno visto nel dramma della pandemia lo svelarsi degli annosi conflitti, ingiustizie e contraddizioni della nostra epoca e anche l’occasione per avviare una nuova stagione.
Abbiamo pensato che fosse necessario, dopo un anno di pandemia, riflettere su quanto è successo nello scorso anno e soprattutto di farlo insieme. Scopo dell’incontro-evento è riflettere sulle questioni di fondo che sono emerse nell’anno della pandemia, cercare di sollevare lo sguardo dalle sole necessità dettate dall’emergenza, per capire quali scelte dobbiamo realmente compiere per fare i conti con quanto è successo nel 2020. L’ambizione è quella di costruire una visione complessiva, dai diversi punti di vista, della pandemia, delle sue conseguenze, ma anche delle opportunità che si possono aprire. Il 2020 è stato un anno di svolta.
Temi e problemi che erano ancora condivisi solo da avanguardie, per quanto ampie, di attivisti e intellettuali, hanno improvvisamente condizionato la vita quotidiana di miliardi di persone. Scelte personali, tra libertà e responsabilità, tra lavoro e salute, tra la cura delle persone fragili e le compatibilità finanziarie, tra la necessità di far sopravvivere milioni di persone in difficoltà e le necessità di mercato, sono diventate improvvisamente impellenti, per i singoli, le comunità, gli stati, le imprese. Gerarchie di valori, che apparivano consolidate a livello di massa sono state stravolte: la centralità della competizione, il mercato come unica regola di tutte le dimensioni dell’esistenza collettiva e individuale, la globalizzazione come realtà ormai definitiva e immutabile, la condizione di insicurezza e di precarietà come dimensioni inevitabili e persino auspicabili, i rischi derivanti dallo sfruttamento della terra come mere profezie catastrofiste di un lontano futuro. L’incapacità di analizzare la reale natura della crisi provocata dalla pandemia e l’inerzia dei vecchi modi di pensare tuttavia rischiano di indurre da un lato una gestione della pandemia che ne accentua i costi umani ed economici, dall’altro e soprattutto a impostare politiche per il futuro che ricalcano le priorità e le impostazioni del passato. Rimanere schiacciati sull’emergenza ci impedisce di pensare il futuro e lascia il campo libero a chi vuole solo tornare a “come eravamo prima”.
La pandemia e l’esperienza di massa della fragilità, del distanziamento, dello Smart working, dell’insegnamento a distanza, della insufficienza dei servizi pubblici e delle soluzioni di mercato hanno segnato anche le nostre idee, i nostri sentimenti, i modi in cui vediamo noi stesse e noi stessi. È indispensabile mettere a fuoco le fragilità, le ingiustizie, le scelte sbagliate compiute negli anni precedenti e rese evidenti dalla pandemia. La pandemia non è solo un evento naturale, ma anche la conseguenza della crisi del rapporto tra modello sociale e natura, della distruzione del distanziamento ecologico dovuto ai processi di deforestazione, inurbamento a tappe forzate delle aree rurali, del sistema dell’agrobusiness. Il virus ha viaggiato sulle catene globali del valore ed ha colpito società rese fragili dalla crisi della cura, dall’indebolimento dei sistemi di protezione sociale. La pandemia sembra anche accelerare i processi di transizione da Ovest ad Est a livello economico e tecnologico e può impattare sui processi di parziale deglobalizzazione e ridefinizione su base macroregionale.
L’Europa, arrivata all’appuntamento con la pandemia, significativamente indebolita dalle caratteristiche strutturali della propria costruzione e dalle politiche di austerità perseguite dopo la grande crisi del 2008-2009, ha mostrato indubbiamente una discontinuità rispetto alla risposta alla precedente crisi. Le politiche della Bce, la sospensione del Patto di stabilità e del Fiscal Compact, la creazione di un debito comune e di proprie e autonome entrate fiscali rappresentano indubbie novità. Se un ritorno all’indietro appare improbabile, la Ue sembra oggi in una condizione di sospensione e tutt’altro che scontato appare l’approdo ad una riforma strutturale della costruzione europea. L’Italia infine ha conosciuto negli ultimi decenni una vera e propria crisi nella crisi, né è mai realmente uscita dalle conseguenze della recessione del 2008-2009 e delle politiche di austerità degli anni successivi. Calo degli investimenti, bassi salari, disuguaglianze, povertà: sono gli indicatori di una situazione che ha visto più che altrove processi di privatizzazione pervasivi con il restringersi del perimetro pubblico tanto negli investimenti quanto nel welfare, la dismissione di strategie e politiche industriali e la crescita del lavoro povero e senza diritti, la riduzione di protezioni sociali già storicamente inadeguate e il persistente scaricarsi del lavoro di riproduzione sociale sulle donne, l’acuirsi delle differenze territoriali.
Scopo della prima sezione (Che cosa è successo) è quello di approfondire il giudizio sulla natura della crisi e la valutazione delle idee e delle politiche introdotte per affrontarle.
La seconda sezione (Che cosa ci è successo) parla di quello che ci è successo nella nostra vita quotidiana e dell’emergere all’attenzione di tutte/i di soggetti e situazioni prima nascosti e ignorati. Abbiamo scoperto la fragilità personale, collettiva e istituzionale. E ci domandiamo cosa di quello che stiamo vivendo ci ha cambiato in maniera permanente.
La discussione della terza sessione (Che cosa vorremmo che succedesse- spunti per il futuro) dovrà affrontare tanto il Recovery Plan quanto le cosiddette riforme di contesto, alla luce dei nuovi scenari politici in Italia e nel mondo. Il filo che connette i diversi aspetti degli scenari che stanno di fronte a noi può essere individuato nella necessità che nuovi meccanismi cooperativi – indispensabili per contrastare le tante crisi si intrecciano (da quella ecologica, a quella sociale, alle fragilità individuali) che la pandemia ha mostrato ed acuito – possano affermarsi, sottraendo terreno ai meccanismi di competizione distruttiva che hanno segnato il tempo di ieri.
Promosso da: Fabrizio Barca, Costanza Boccardi, Paola Boffo, Raffaella Bolini, Susanna Camusso, Loris Caruso, Ascanio Celestini, Maura Cossutta, Sabina De Luca, Nicoletta Dentico, Monica Di Sisto, Roberta Fantozzi, Alfonso Gianni, Sergio Labate, Costanza Margiotta, Salvatore Monni, Francesco Pacifico, Francesco Pallante, Luigi Pandolfi, Giulia Rodano, Carlo Saitto, Giorgia Serughetti, Massimo Torelli, Massimo Villone, Vincenzo Vita, Filippo Zolesi, Alberto Zoratti.